La vera storia del cioccolato
Cioccolato...goccia di amore puro
Nel 1500
Hernàn Cortès è il primo a far
scoprire il cioccolato all’ Europa; in verità, Cristoforo Colombo
l’aveva scoperto circa 20 anni prima, ma senza prestargli
l’attenzione dovuta! Utilizzato, in seguito, alla corte di Carlo V
come medicamento per la cura di ogni sorta di malattie e
infezioni, diventerà presto una moda in seno alla nobiltà spagnola
per la quale bere una tazza di cioccolata fumante mentre musici e
danzatori si esibiscono in canti e danze era ormai divenuto un
rito al quale non ci si poteva né voleva sottrarre. Un ulteriore
contributo alla diffusione del cioccolato venne poi attorno al
1615 quando la Principessa di Spagna Anna d'Austria , sposa di
Luigi XIII e importa alla corte di Francia non solo l'uso di bere
la cioccolata, ma anche tutta l’attrezzatura per la sua
preparazione che doveva essere solo ed esclusivamente a cura della
propria damigella di corte. L’abitudine a bere la cioccolata non
si perde col passare del tempo come la maggioranza delle mode,
anzi continua la sua scalata verso le corti europee. In Francia,
Maria Teresa di Spagna, dopo il matrimonio con Luigi XIV,
introduce l’uso di berne una tazza al risveglio e durante le
udienze, cosa che dette moltissima popolarità alla bevanda, tanto
che alla fine del 1500 esistevano almeno 20 ricette diverse sulla
preparazione del cioccolato in tazza, cosa talmente complicata da
costringere le dame provenienti dalla Spagna a portarsi al seguito
maestri cioccolatieri addetti unicamente alla preparazione della
bevanda più di moda del momento. In Italia, il milanese Girolamo
Bensoni tentò di introdurne l’uso dopo un viaggio in Francia. Ma
il merito dell’introduzione del cioccolato in Italia e soprattutto
in Toscana è del Fiorentino Francesco D’Antonio Carletti
(1573-1636) il quale visita nel 1591 le piantagioni di cacao
americane, egli dice che il cacao è una pianta che produce «un
frutto tanto celebre e di tanta importanza» che in Bolivia e in
Perù si consuma «per il valore di più di 500.000 scudi ogni anno.
Questo frutto serve ancora di moneta per ispendere e comperare
sulle piazze cose minute». Anche Firenze venne, così, contagiata
dall’amore per la cioccolata: i Medici ne erano golosissimi, da
Cosimo I, granducato dopo granducato, in poi.
Nel 1600
Alla corte di Cosimo III de’Medici si dilettava a prepararla
con scorza di limone, muschio e altro ancora, Francesco Redi,
archiatra di Corte, il quale pare fosse famoso per la cioccolata
ai fiori di gelsomino, la cui ricetta si rifiutò sempre di
diffondere. Fu comunque il Re Sole, nel 1659, a concedere a un
ufficiale della guardia della Regina una sorta di “patente”per
vendere e preparare la polvere di cacao in tutto il paese di
Francia. Nello stesso anno il cioccolato diventa talmente
“indispensabile”da riuscire a farsi aprire anche le grandi porte
delle chiese romane; Papa Pio V lo trova, però, disgustoso: il
bere cioccolato tuttavia non viene condannato dalla Chiesa che
anzi, nel 1662, si trova di fronte a una curiosa novità: il
cardinale Brancaccio propone che lo si beva dopo la messa, come
usavano fare le Dame dai costumi spagnoli. E’ sempre il cardinale
Brancaccio a sentenziare che anche per il cioccolato si può
applicare il detto salomonico "Liquidum non frangit jejunum":
ovviamente chi ne consumava doveva poi confessarsi e chiedere
indulgenza a Pasqua! Un anno più tardi un uomo chiamato Helmann
Pedro Bravo do los Camerinos , stanco di compiere viaggi in
America per convertire al Cattolicesimo le popolazioni indigene ,
si stabilisce definitivamente alle Filippine e fonda la più grossa
piantagione di cacao dell' epoca. Intanto, mentre le piantagioni
si estendevano in Brasile e Martinica, in alcune città europee si
affermava la lavorazione del cioccolato. Già nel 1606 in Italia si
produceva cioccolato, a Firenze e a Venezia; Goldoni nelle sue
commedie testimonia più volte la diffusione di tale delizia
elogiandone le qualità, così come la "Gazzetta veneta" diretta da
Gaspare Gozzi documentava nel 1760-61 l'enorme diffusione della
bevanda. A Venezia la conosceva bene Giacomo Casanova, grande
sostenitore delle sue qualità afrodisiache, e che per questo ne
faceva largo uso. L'abitudine a bere cioccolata nei conventi
durante il '600, è documentata persino dal Manzoni ne "I Promessi
Sposi”, nel brano in cui la Madre Superiora, offre alla giovane e
nobile fanciulla che diventerà la sfortunata Monaca di Monza, una
fumante tazza di cioccolato con l'intento di renderle meno
traumatico l'impatto con le asprezze della vita conventuale. Alla
fine del XVII secolo a Torino, dove il cacao giunse per merito di
Emanuele Filiberto di Savoia, generale degli eserciti spagnoli, se
ne producevano 750 libbre (circa 250 kg) al giorno, che venivano
esportate anche in Austria, Svizzera, Germania e Francia. Nel 1678
un certo G. Antonio Ari ricevette dalla Casa Reale Sabauda, per
primo a Torino, l’autorizzazione “a vendere pubblicamente la
cioccolata in bevanda”; ma fu a Firenze che dopo due anni circa,
nasce “Differenza tra il cibo e ‘l cioccolatte…” pubblicazione a
cura di Gio.Battista Gudenfridi che fa scoppiare un caos sui pro e
i contro del consumo di cioccolata, insieme ad una infinita serie
di scritti sul tema come “Altro parere intorno alla natura, ed
all’uso della Cioccolata” scritto sempre in Firenze da Francesco
Zeti, nel 1728.
Nel 1700
Ma la passione per il “nutrimento degli dei” non era solo dei
regnanti: lo stesso Voltaire, dicono, consumava, nell'arco di metà
giornata, una dozzina di tazze di cioccolata che riteneva
sostanziosa e gratissima al palato. Anche Goethe amava follemente
il cioccolato tanto da offrire fiori e cioccolatini per
conquistare i favori dell'amata accompagnando i doni con questa
frase: "Alla mia amata io mando dolci e fiori perché capisca come
sia dolce e bello il mio amore per lei". E mentre in Germania
Goethe scriveva questi versi, nella vicina Austria Mozart faceva
cantare il desiderio di cioccolata nella sua opera "Così fan
tutte". Non finisce qui: era amata, tra i musicisti, da Ciaikovsky
e Strauss; tra gli scrittori, da D'Annunzio e Stendhal. Nella
Strada di Swann anche Marcel Proust scriveva: "... ci veniva
offerta una crema al cioccolato fuggitiva e leggera..."
Nel 1800
L’Ottocento fu il secolo dell’affermazione del cioccolato
solido e delle invenzioni che costituirono una vera e propria
svolta nella lavorazione del cacao. Nel 1802 il genovese Bozelli
studiò una macchina idraulica per raffinare la pasta di cacao e
miscelarla con zucchero e vaniglia. Nel 1828 l'olandese van Houten
mise a punto un torchio speciale per spremere i grani macinati e
separare il burro dalla polvere di cacao. Nel 1865, a Torino, la
difficoltà d'approvvigionamento di cacao fece balenare a Caffarel
l’idea di miscelare al cacao le nocciole, creando il cioccolato
gianduja. E’ nel 1875 che viene prodotta la prima tavoletta di
cioccolato al latte; è così possibile non solo bere il cioccolato,
ma anche mangiarlo. Il gusto e la texture del cioccolato saranno
progressivamente migliorate dalle diverse scoperte tra cui il
processo del concaggio che costituisce ancora oggi una tappa
importante del processo produttivo del cacao. Nel XIX secolo
vedono la luce le prime fabbriche di cioccolato, i cui marchi sono
famosi ancora oggi: in Italia, Caffarel, Majani, Pernigotti,
Venchi, Talmone; in Svizzera, Cailler, Suchard, lindt,Tobler.
Nel 1900
All’inizio del XX secolo prende consistenza la vera e propria
industrializzazione dei processi produttivi, mentre si amplia la
geografia delle piantagioni di cacao - Costa d'Avorio, Camerun,
Africa dell'est e Malesia. Allo stesso tempo, l'ingegno dei
maestri cioccolatieri continua a formulare nuove creazioni: nel
1923 Frank Mars, un artigiano di Chicago, inventa e lancia la
barretta al cioccolato. In Italia compaiono nuovi produttori:
Perugina, Novi, Peyrano, Streglio, Unica; e altri si affacciano
sul mercato dopo la Grande Guerra, prima fra tutte la Ferrero. Il
cioccolato, tuttavia, è ancora considerato un prodotto di élite,
con un mercato ristretto, un piacere per pochi. L’elevato costo
delle materie prime e l’alta imposizione fiscale non consentono,
infatti, ai produttori di abbassare i prezzi di vendita. Perché il
cioccolato diventi in Italia un bene di largo consumo, occorre
aspettare gli anni Sessanta, gli anni del boom economico.
Nel 2000
Onnipresente negli happening più importanti degli ultimi
tempi, la cioccolata più che essere considerata solo un alimento
divino, viene oggi divizzata attraverso nuove espressioni di
sapori e di arte, di mode e di design. Dal cioccolato in tazza si
passa a nuove sperimentazioni aromatiche assaporandolo in altre
fogge che vedono il cacao sposarsi con diverse spezie come
peperoncino, zenzero, cannella ecc. E dalle praline alle scaglie,
dal gusto nero e amaro al nocciolato, dal gianduia fino al bianco,
il cioccolato è sempre protagonista non solo con gusto ma anche
sotto fantasiose sagome: c’è chi investe sulla forma e chi punta
sul sapore! La vecchia chicchera del cioccolatte si trasforma oggi
tra le mani dei più grandi designer e artisti contemporanei in
molteplici esibizioni di forme e colori. Un esempio è dato dalle
ultime sfilate dove nasce la cartella stampa al cioccolato con
piccole croci prodotte in esclusiva da Widmer Confiserie, simbolo
di uno storico marchio svizzero di pelletteria. La moda e il
design lo celebrano. Gli stilisti lo reinterpretano riportando la
loro griffe anche nello stile del packaging. Le modelle e le
attrici lo mangiano, ma a patto che sia rigorosamente low fat e
low cal. …e anche nel mondo della cosmesi il cibo degli dei ha un
effetto tonificante e liftante con lucidalabbra, bagnoschiuma e
creme idratanti per viso, corpo e capelli, profumati al cacao.
Cioccolato...come cancellare le amarezze...avvertire la
trasgressione...immaginare chi magari si dispera per le diete...riappacificarsi
con il mondo...gioire del suo gusto, cioccolato...si...
[A cura di
Caterina & Serafina]
Il
cioccolato alla corte dei Medici
Origini
che si perdono tra i miti
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