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Immagine cioccolato - prodotto Edouard Bechoux - foto Riccardo Marcialis
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La vera storia del cioccolato

 

Cioccolato...goccia di amore puro

Nel 1500
Hernàn Cortès è il primo a far scoprire il cioccolato all’ Europa; in verità, Cristoforo Colombo l’aveva scoperto circa 20 anni prima, ma senza prestargli l’attenzione dovuta! Utilizzato, in seguito, alla corte di Carlo V come medicamento per la cura di ogni sorta di malattie e infezioni, diventerà presto una moda in seno alla nobiltà spagnola per la quale bere una tazza di cioccolata fumante mentre musici e danzatori si esibiscono in canti e danze era ormai divenuto un rito al quale non ci si poteva né voleva sottrarre. Un ulteriore contributo alla diffusione del cioccolato venne poi attorno al 1615 quando la Principessa di Spagna Anna d'Austria , sposa di Luigi XIII e importa alla corte di Francia non solo l'uso di bere la cioccolata, ma anche tutta l’attrezzatura per la sua preparazione che doveva essere solo ed esclusivamente a cura della propria damigella di corte. L’abitudine a bere la cioccolata non si perde col passare del tempo come la maggioranza delle mode, anzi continua la sua scalata verso le corti europee. In Francia, Maria Teresa di Spagna, dopo il matrimonio con Luigi XIV, introduce l’uso di berne una tazza al risveglio e durante le udienze, cosa che dette moltissima popolarità alla bevanda, tanto che alla fine del 1500 esistevano almeno 20 ricette diverse sulla preparazione del cioccolato in tazza, cosa talmente complicata da costringere le dame provenienti dalla Spagna a portarsi al seguito maestri cioccolatieri addetti unicamente alla preparazione della bevanda più di moda del momento. In Italia, il milanese Girolamo Bensoni tentò di introdurne l’uso dopo un viaggio in Francia. Ma il merito dell’introduzione del cioccolato in Italia e soprattutto in Toscana è del Fiorentino Francesco D’Antonio Carletti (1573-1636) il quale visita nel 1591 le piantagioni di cacao americane, egli dice che il cacao è una pianta che produce «un frutto tanto celebre e di tanta importanza» che in Bolivia e in Perù si consuma «per il valore di più di 500.000 scudi ogni anno. Questo frutto serve ancora di moneta per ispendere e comperare sulle piazze cose minute». Anche Firenze venne, così, contagiata dall’amore per la cioccolata: i Medici ne erano golosissimi, da Cosimo I, granducato dopo granducato, in poi.

Nel 1600
Alla corte di Cosimo III de’Medici si dilettava a prepararla con scorza di limone, muschio e altro ancora, Francesco Redi, archiatra di Corte, il quale pare fosse famoso per la cioccolata ai fiori di gelsomino, la cui ricetta si rifiutò sempre di diffondere. Fu comunque il Re Sole, nel 1659, a concedere a un ufficiale della guardia della Regina una sorta di “patente”per vendere e preparare la polvere di cacao in tutto il paese di Francia. Nello stesso anno il cioccolato diventa talmente “indispensabile”da riuscire a farsi aprire anche le grandi porte delle chiese romane; Papa Pio V lo trova, però, disgustoso: il bere cioccolato tuttavia non viene condannato dalla Chiesa che anzi, nel 1662, si trova di fronte a una curiosa novità: il cardinale Brancaccio propone che lo si beva dopo la messa, come usavano fare le Dame dai costumi spagnoli. E’ sempre il cardinale Brancaccio a sentenziare che anche per il cioccolato si può applicare il detto salomonico "Liquidum non frangit jejunum": ovviamente chi ne consumava doveva poi confessarsi e chiedere indulgenza a Pasqua! Un anno più tardi un uomo chiamato Helmann Pedro Bravo do los Camerinos , stanco di compiere viaggi in America per convertire al Cattolicesimo le popolazioni indigene , si stabilisce definitivamente alle Filippine e fonda la più grossa piantagione di cacao dell' epoca. Intanto, mentre le piantagioni si estendevano in Brasile e Martinica, in alcune città europee si affermava la lavorazione del cioccolato. Già nel 1606 in Italia si produceva cioccolato, a Firenze e a Venezia; Goldoni nelle sue commedie testimonia più volte la diffusione di tale delizia elogiandone le qualità, così come la "Gazzetta veneta" diretta da Gaspare Gozzi documentava nel 1760-61 l'enorme diffusione della bevanda. A Venezia la conosceva bene Giacomo Casanova, grande sostenitore delle sue qualità afrodisiache, e che per questo ne faceva largo uso. L'abitudine a bere cioccolata nei conventi durante il '600, è documentata persino dal Manzoni ne "I Promessi Sposi”, nel brano in cui la Madre Superiora, offre alla giovane e nobile fanciulla che diventerà la sfortunata Monaca di Monza, una fumante tazza di cioccolato con l'intento di renderle meno traumatico l'impatto con le asprezze della vita conventuale. Alla fine del XVII secolo a Torino, dove il cacao giunse per merito di Emanuele Filiberto di Savoia, generale degli eserciti spagnoli, se ne producevano 750 libbre (circa 250 kg) al giorno, che venivano esportate anche in Austria, Svizzera, Germania e Francia. Nel 1678 un certo G. Antonio Ari ricevette dalla Casa Reale Sabauda, per primo a Torino, l’autorizzazione “a vendere pubblicamente la cioccolata in bevanda”; ma fu a Firenze che dopo due anni circa, nasce “Differenza tra il cibo e ‘l cioccolatte…” pubblicazione a cura di Gio.Battista Gudenfridi che fa scoppiare un caos sui pro e i contro del consumo di cioccolata, insieme ad una infinita serie di scritti sul tema come “Altro parere intorno alla natura, ed all’uso della Cioccolata” scritto sempre in Firenze da Francesco Zeti, nel 1728.

Nel 1700
Ma la passione per il “nutrimento degli dei” non era solo dei regnanti: lo stesso Voltaire, dicono, consumava, nell'arco di metà giornata, una dozzina di tazze di cioccolata che riteneva sostanziosa e gratissima al palato. Anche Goethe amava follemente il cioccolato tanto da offrire fiori e cioccolatini per conquistare i favori dell'amata accompagnando i doni con questa frase: "Alla mia amata io mando dolci e fiori perché capisca come sia dolce e bello il mio amore per lei". E mentre in Germania Goethe scriveva questi versi, nella vicina Austria Mozart faceva cantare il desiderio di cioccolata nella sua opera "Così fan tutte". Non finisce qui: era amata, tra i musicisti, da Ciaikovsky e Strauss; tra gli scrittori, da D'Annunzio e Stendhal. Nella Strada di Swann anche Marcel Proust scriveva: "... ci veniva offerta una crema al cioccolato fuggitiva e leggera..."

Nel 1800
L’Ottocento fu il secolo dell’affermazione del cioccolato solido e delle invenzioni che costituirono una vera e propria svolta nella lavorazione del cacao. Nel 1802 il genovese Bozelli studiò una macchina idraulica per raffinare la pasta di cacao e miscelarla con zucchero e vaniglia. Nel 1828 l'olandese van Houten mise a punto un torchio speciale per spremere i grani macinati e separare il burro dalla polvere di cacao. Nel 1865, a Torino, la difficoltà d'approvvigionamento di cacao fece balenare a Caffarel l’idea di miscelare al cacao le nocciole, creando il cioccolato gianduja. E’ nel 1875 che viene prodotta la prima tavoletta di cioccolato al latte; è così possibile non solo bere il cioccolato, ma anche mangiarlo. Il gusto e la texture del cioccolato saranno progressivamente migliorate dalle diverse scoperte tra cui il processo del concaggio che costituisce ancora oggi una tappa importante del processo produttivo del cacao. Nel XIX secolo vedono la luce le prime fabbriche di cioccolato, i cui marchi sono famosi ancora oggi: in Italia, Caffarel, Majani, Pernigotti, Venchi, Talmone; in Svizzera, Cailler, Suchard, lindt,Tobler.

Nel 1900
All’inizio del XX secolo prende consistenza la vera e propria industrializzazione dei processi produttivi, mentre si amplia la geografia delle piantagioni di cacao - Costa d'Avorio, Camerun, Africa dell'est e Malesia. Allo stesso tempo, l'ingegno dei maestri cioccolatieri continua a formulare nuove creazioni: nel 1923 Frank Mars, un artigiano di Chicago, inventa e lancia la barretta al cioccolato. In Italia compaiono nuovi produttori: Perugina, Novi, Peyrano, Streglio, Unica; e altri si affacciano sul mercato dopo la Grande Guerra, prima fra tutte la Ferrero. Il cioccolato, tuttavia, è ancora considerato un prodotto di élite, con un mercato ristretto, un piacere per pochi. L’elevato costo delle materie prime e l’alta imposizione fiscale non consentono, infatti, ai produttori di abbassare i prezzi di vendita. Perché il cioccolato diventi in Italia un bene di largo consumo, occorre aspettare gli anni Sessanta, gli anni del boom economico.

Nel 2000
Onnipresente negli happening più importanti degli ultimi tempi, la cioccolata più che essere considerata solo un alimento divino, viene oggi divizzata attraverso nuove espressioni di sapori e di arte, di mode e di design. Dal cioccolato in tazza si passa a nuove sperimentazioni aromatiche assaporandolo in altre fogge che vedono il cacao sposarsi con diverse spezie come peperoncino, zenzero, cannella ecc. E dalle praline alle scaglie, dal gusto nero e amaro al nocciolato, dal gianduia fino al bianco, il cioccolato è sempre protagonista non solo con gusto ma anche sotto fantasiose sagome: c’è chi investe sulla forma e chi punta sul sapore! La vecchia chicchera del cioccolatte si trasforma oggi tra le mani dei più grandi designer e artisti contemporanei in molteplici esibizioni di forme e colori. Un esempio è dato dalle ultime sfilate dove nasce la cartella stampa al cioccolato con piccole croci prodotte in esclusiva da Widmer Confiserie, simbolo di uno storico marchio svizzero di pelletteria. La moda e il design lo celebrano. Gli stilisti lo reinterpretano riportando la loro griffe anche nello stile del packaging. Le modelle e le attrici lo mangiano, ma a patto che sia rigorosamente low fat e low cal. …e anche nel mondo della cosmesi il cibo degli dei ha un effetto tonificante e liftante con lucidalabbra, bagnoschiuma e creme idratanti per viso, corpo e capelli, profumati al cacao. Cioccolato...come cancellare le amarezze...avvertire la trasgressione...immaginare chi magari si dispera per le diete...riappacificarsi con il mondo...gioire del suo gusto, cioccolato...si...

[A cura di Caterina & Serafina]

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DA LEGGERE: Parere intorno all’uso della cioccolata. Firenze MDCCXXVIII

 

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